“La sensazione di non volere figli è la sensazione di non voler essere
l’idea che qualcun altro ha di me” (tratto da “Maternità” di Sheila Hedi).
Innanzitutto va detto che questo è un argomento abbastanza scabroso che, in questa sede tratteremo in poche righe, ma cercheremo di affrontare più approfonditamente con la nostra “Area Perinatale SIPRe” e nel Corso di Alta Formazione in Psicologia Perinatale. E’ molto difficile immergersi nella questione delle coppie non generative senza non incorrere in preconcetti. In fondo, la maggioranza della popolazione, continua a pensare che il non avere figli, o meglio, scegliere di non avere figli, denunci un problema della coppia e dei suoi membri; egoismo, egocentrismo o infantilità.
La premessa è che non ci è dato sapere se non volere figli sia in generale da leggere come un qualcosa di patologico o un blocco del proprio percorso evolutivo, e che ciò debba essere interpretato sulla base della singola coppia e dei singoli individui. Sicuramente esistono delle letture interessanti che riguardano questa “scelta”.
Spesso le motivazioni della scelta attingono a dimensioni molto pragmatiche: difficoltà economiche, predilezione per il percorso carrieristico o delega della responsabilità all’ “altro” della coppia.
Immergendoci negli aspetti più relazionali e profondi sono tanti gli snodi interessanti che portano a questa scelta:
1 Role-Reversing: cioè l’assunzione ripetuta di ruoli genitoriali verso fratelli o minori
2 Fantasma dello scenario Infantile: timore di ricreare, come genitori, l’ ambiente negativo vissuto come figli nella famiglia d’origine.
3 Priorità alla Coppia: la sensazione che un figlio diventi un ostacolo all’intimità (e quindi al benessere) della coppia
4 Modelli di Genitorialità: dalla costante insoddisfazione dei propri genitori deriva una rappresentazione deludente della genitorialità.
C’è un interessante modello che interpreta le motivazioni di questa scelta.
L’ipotesi (verificata da alcune ricerche scientifiche) è che chi sceglie di non avere figli, molto spesso ha un attaccamento insicuro, generato da un vissuto asimmetrico nel rapporto parentale, dove viene richiesto fin da subito un ruolo “cura” con una conseguente inibizione dell’esplorazione e di una maturazione graduale dello stimolo alla “cura” dell’altro. Un’asimmetria amplificata da una genitorialità richiestiva e poco rassicurante che provoca nei soggetti, in età adulta, una vera e propria richiesta di “risarcimento” per ciò che non è stato dato – rispetto all’esigenza di una base sicura – nell’infanzia.
Questi modelli interpretativi sono molto interessanti, anche se il grande monito per noi operatori è quello di cercare di non usare l’interpretazione come strumento di giudizio, perchè l’implicito dell’interpretazione è spesso un giudizio di “non normalità”. Staccare l’idea di un’infantilità o egoismo associata al non avere figli, non è solo un obiettivo fondamentale, ma è proprio la premessa per immergerci con onestà nel mondo dell’altro.
Siamo così sicuri che “scegliere di non avere figli” sia sempre un blocco di un percorso di maturazione?!
Se volete parlarne con uno Psicoanalista di Milano scrivete qui.
“Perchè non consideriamo alcune delle persone che non vogliono figli come individui con un orientamento diverso, forse biologicamente diverso? Non voler avere figli potrebbe perfino essere difinito come un orientamento sessuale, perchè cosa c’è di più legato al sesso che il desiderio di procreare o meno? (…)
Vorrei trovare una parola, del tutto indipendente dall’attività di genitori, con cui indicare questa decisione: una parola che descriva cos’è, e non cosa non è” (tratto da “Maternità” di Sheila Hedi)
(Bibliografia: Beebe & Lachmann; Carli, 1999; 2009; Carli et al., 2016; George & Solomon, 1996; 2008; McGoldrick & Carter, 1982; McGoldrick et al., 2015; Hazan & Shaver, 1987; Zeifman & Hazan, 2016)