Innanzitutto va detto che la psicoanalisi dell’adulto è molto diversa per setting, tecniche e strumenti rispetto alla psicoanalisi in età evolutiva. Così come le modalità d’intervento, anche i disagi portati dai bambini spesso si manifestano in modo diverso, talvolta solo apparentemente fisico (lamentare frequenti mal di pancia, riprendere a farsi la pipì a letto, trattenere la cacca) o talvolta comportamentali (aggressività, difficoltà a scuola, etc..). Non ci aspettiamo dunque che un bambino, soprattutto se piccolo, ci dica che è depresso o ha l’ansia, né che il terapeuta affronti il problema parlando vis a vis di fronte al bambino.
Cos’è la psicoterapia dell’età evolutiva?
La psicoterapia dell’età evolutiva prevede l’analisi, la comprensione e il trattamento di varie difficoltà nei bambini e nei ragazzi durante il periodo di vita che va dalla nascita fino al termine dell’adolescenza. L’obiettivo della psicoterapia è offrire a bambini e ragazzi in età evolutiva, e alle loro famiglie, il supporto necessario per superare i problemi sociali, comportamentalie cognitiviche fanno parte dello sviluppo e della crescita, migliorando la percezione di sé, l’autostima e il riconoscimento delle proprie emozioni. Crescere è un’esperienza che accomuna tutti, ma non possiamo dare per scontato che tutti abbiano i mezzi emotivi, cognitivi e relazionali per affrontare questa esperienza serenamente. Il bambino prima e il ragazzo poi, affronta continui cambiamenti fisici, emotivi, comportamentali. Per alcuni questi cambiamenti sono fonti di malessere. Lo psicoterapeuta dell’età evolutiva può fornire loro un aiuto importante nel riconoscere e integrare al meglio emozioni, pensieri, comportamenti e nell’aiutarli ad inserirsi nel miglior modo possibile nel contesto sociale.
Chi è lo psicoterapeuta?
Lo psicoterapeuta dell’età evolutiva è un professionista, che dopo la Laurea in Psicologia e l’iscrizione all’albo degli psicologi, ha frequentato una scuola di specializzazione di 4 anni con un indirizzo specifico sull’età evolutiva.
Come lavora?
Lo psicoterapeuta inizialmente incontra i genitori, è impossibile lavorare con un minore senza il consenso di entrambi i genitori. Nei primi incontri con i genitori, raccoglie dai essi la storia del bambino (raccolta anamnestica) e compresa la domanda dei grandi, incontra il bambino (consultazione psicologica). Nei cinque incontri tipicamente dedicati alla consultazione, il terapeuta indaga sul funzionamento del bambino, su come sono interconnesse emozioni e pensieri e come questi influenzano i suoi comportamenti. Condivide poi con i genitori (restituzione) un’immagine del bambino o ragazzo proponendo, qualora ne intraveda il bisogno, un percorso terapeutico. Generalmente incontra settimanalmente il paziente per un periodo definito, che può variare in funzione del tipo di percorso attivato (psicoterapia). Il terapeuta rimane disponibile a costruire una rete di supporto alla famiglia e al bambino, incontrando le agenzie che si occupano di lui (ad esempio scuola, neuropsichiatra, etc.).
Quando?
Quando un bambino o adolescente manifesta difficoltà nell’affrontare alcune situazioni, la famiglia può chiedere aiuto a uno psicoterapeuta il quale offre un lavoro di supporto psicologico per accompagnare il bambino, l’adolescente e la sua famiglia a districarsi tra le difficoltà quotidiane.
Ecco alcune situazioni in cui si richiede l’intervento di un professionista:
· Disturbi del comportamento (nella categoria confluiscono una svariata gamma di condotte socialmente disfunzionali: quali aggressività, impulsività, oppositività e iperattività che possono caratterizzare il comportamento dei bambini in età prescolare).
· Disturbi emotivi-relazionali (caratterizzano i quei bambini che soffrono di ansia da separazione, preoccupazioni generalizzate, difficoltà a socializzare con i coetanei e ricerca di un rapporto esclusivo con l’adulto, difficoltà a gestire le emozioni, eccessiva inibizione emotiva o irrequietezza, prepotenza, disturbi psicosomatici, ansia scolastica, ansia da prestazione, depressione infantile)
· Disturbi del comportamento alimentare (tra i segnali comportamento selettivo per cui i bambini mangiano solo alcuni tipi di cibo, esempio solo cibi bianchi oppure solo liquidi, disfagia funzionale quando un bambino mangia con difficoltà per paura che il cibo ingerito possa fargli male, anoressia, bulimia)
· Disturbi specifici dell’attaccamento (sintomi difficoltà a gestire la relazione e la separazione dal caregiver principale, bambini con attaccamento tale da non essere in grado di esplorare l’ambiente in modo adeguato alla loro età e non intraprendono relazioni sociali oppure bambini che hanno atteggiamenti di eccessiva socializzazione e comportamenti di vicinanza e intimità con estranei).
· Disturbi oppositivo provocatorio (DOP, quei bambini che assumono comportamenti ricorrenti e prolungati nel tempo marcatamente provocatori e che a volte diventano il preludio del DC – disturbo della Condotta caratterizzato da manifestazione aggressive o antisociali e atti di devianza.
· Disordini dello sviluppo in età evolutiva (in età evolutiva possono esservi bambini con sintomi d’ansia: disturbo d’ansia da separazione, fobia specifica, disturbo d’ansia sociale, agorafobia, mutismo selettivo, etc).
In età scolare: fobia scolare, disturbi dell’apprendimento, dislessia, disgrafia, discalculia, disprassia, disturbo da deficit di attenzione/iperattività ..
In età adolescenziale: difficoltà relazionali e affettive, abuso di sostanza, disturbi di personalità, depressione e ansia adolescenziale, disturbo post traumatico da stress, disturbi del comportamento alimentare (anoressia, bulimia), difficoltà a elaborare lutti ..
In famiglia: confusione dei ruoli genitoriali, genitori in difficoltà nella gestione dei figli, separazioni coniugali o divorzi..Ecco alcune situazioni in cui si richiede l’intervento di un professionista:
Un buon genitore è un genitore che sa chiedere aiuto quando serve. Il lavoro del genitore è riconosciuto come tra i più difficili, lo sosteneva già Freud (1935), “E’ inevitabile compiere errori o avere incertezze tutte le madri sbagliano, l’importante è essere una mamma sufficientemente buona!” (1974, D. Winnicott)
Quali strumenti utilizza?
Soprattutto quando si ha a che fare con bambini piccoli, dell’età prescolare o delle scuole primarie, le tecniche utilizzate nella psicoanalisi infantile sono molto differenti rispetto a quelle utilizzate con l’adulto. Il colloquio, che è centrale negli adulti, diventa uno degli strumenti, ma non il principale nel lavoro con i bambini. Ci sono molti altri strumenti più efficaci e tra i principali c’è sicuramente il gioco. Entrare nei giochi dei bambini permette di scoprire i ruoli famigliari, le rappresentazioni interne (per esempio, papà che diventa il coccodrillo e il fratellino lo scoiattolo che ruba le pigne) e poterle elaborare insieme al bambino. Non vi aspettate che la seduta sia una situazione faticosa e stressante, e quindi sconsigliabile per un bambino piccolo, perché il terapeuta del bambino deve mettersi sul piano del bambino e utilizzare il suo linguaggio e i suoi strumenti. Per entrare nel suo mondo interno è quindi usuale proporre di giocare insieme o di disegnare.
Ecco alcuni strumenti per favorire l’immedesimazione e il gioco simbolico
Gli strumenti principali di lavoro sono:
- l’osservazione psicoanalitica del bambino
- il colloquio clinico
- il gioco
- il disegno
- i test psicodiagnostici
- gli albi illustrati.
Lo psicoterapeuta dell’età evolutiva a indirizzo psicoanalitico utilizza un setting molto neutro. La costruzione della relazione tra terapeuta e bambino consentirà ai due di parlarsi e al terapeuta di poter accedere al mondo interno del bambino e aiutarlo a nominare cosa prova e desidera. Il lavoro terapeutico consiste proprio nel mettere in parola le emozioni del bambino, quando quest’ultimo non è sufficientemente attrezzato per farlo da solo.
Tuo figlio non sta bene? ha un disagio o sei preoccupata che possa reagire male ad un evento doloroso?
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